Alibi e Comfort Zone nella cultura aziendale: ecco perché è giusto andare oltre le apparenze.

L’alibi è quel pretesto di cui fin troppo spesso abusiamo per evitare determinate situazioni scomode o per giustificare un nostro comportamento manchevole.

“Non ti ho richiamato perché ero impegnato” oppure “stasera sono troppo stanco per iniziare quel libro, lo farò domani” sono degli alibi protagonisti delle nostre vite che, tuttavia, se limitati a situazioni circoscritte, non causano alcun danno.

In ambito aziendale, invece, la cultura degli alibi è un concetto che ritengo debba essere enfatizzato il meno possibile. Vi spiego il perché.

Se le persone che costituiscono un ambiente organizzativo non escono mai dalla loro zona di comfort dietro ad una serie infinita di scusanti, le conseguenze saranno:

  • un ambiente statico e avverso al cambiamento;
  • una lacuna comportamentale in termini di prendersi le proprie responsabilità;
  • una cultura aziendale omertosa.

In veste di CEO ma soprattutto di Manager della felicità, il mio consiglio è quello di porre gli altri, ma anche se stessi, (eh sì, perché l’attitudine al ricorso agli alibi riguarda anche noi in primis!) di fronte alla consapevolezza di questo atteggiamento.

Se dietro ad un alibi c’è una reale incapacità, cerchiamo di colmarla con gli strumenti che abbiamo a disposizione (ad esempio, se un mio collega non possiede le conoscenze necessarie per ultimare un progetto, proponigli un corso di formazione.)

Se la giustificazione invece cela un’insicurezza, un dubbio, una preoccupazione o una perplessità, cerchiamo di analizzare le cause sottostanti e troviamo una strada alternativa in modo tale che da un alibi nasca un’opportunità o uno spunto di miglioramento personale e collettivo.

La comfort zone fa bene, è lì pronta per noi quando la vogliamo, ma c’è molto altro da sperimentare.

In fondo è proprio uscendo da un posto sicuro che abbiamo la possibilità di trovarne un altro, ancora più sicuro.