E voi, lo prendete in giro il vostro capo?

Questo articolo nasce da una delle peculiarità di Heply che contribuisce a renderla agli occhi di molti un’azienda “aliena” rispetto alle altre: il fare ironia.

Spesso non me ne rendo conto – l’abitudine ha il grande potere di dissuadere dalla visione oggettiva della realtà – ma il fatto di scherzare in maniera spensierata tra le mura degli uffici è uno di quegli argomenti che spaccano in due i partiti del “a favore” e “contro”.

C’è chi pensa che l’ironia sia assolutamente fondamentale in un qualsiasi contesto di benessere, a costo di renderla una prassi quasi “obbligata”, e chi invece ritiene che il lavoro sia lavoro e che professionalità e leggerezza non possano collimare.

La mia opinione si basa sull’ironia come mero risultato e non come base di partenza: se le persone si sentono a proprio agio in un determinato ambiente e con i loro interlocutori, allora si sentiranno libere di esprimersi con leggerezza, anche con il proprio “capo”.

Perché essere al vertice di un’azienda non rende impermeabili alle prese in giro, semplicemente si instaura un circolo omertoso per il quale queste non vengono condivise nell’infondato timore che l’ironia sia necessariamente qualcosa di negativo e dannoso.

Perché, allora, non porsi fin da subito nella condizione di stare allo scherzo e condividerlo? 

L’autoironia non solo è un sintomo di intelligenza ma è anche una potentissima arma che permette di vivere meglio la vita di tutti i giorni e alleggerire la tensione con cui la vita d’ufficio ci bombarda ogni giorno.

Leggerezza non è superficialità; una risata certamente non risolve magicamente tutti i problemi aziendali ma sicuramente è capace di rendere più sopportabili anche le giornate più toste.