Un feedback negativo è sinonimo di fallimento? L’importanza di “educare”​ sé stessi e gli altri alle critiche.

Mentre nello scorso articolo ho voluto condividere il mio pensiero rispetto agli alibi e le giustificazioni e le loro conseguenze nell’organizzazione, oggi parliamo di feedback negativi.

Le critiche sono senza dubbio uno degli aspetti maggiormente complessi da gestire, in primis perché nessuno di noi è abituato a riceverle, in secondo luogo perché se espresse nella maniera sbagliata hanno come unico effetto quello di toccare il nostro ego e scatenare un meccanismo di chiusura a riccio.

Come fare allora a gestire un aspetto così delicato all’interno di un’organizzazione?

Innanzitutto, è di fondamentale importanza creare la situazione giusta per un confronto: il momento e il luogo giusto (sia esso virtuale o meno) faranno la differenza.

A nessuno piace essere criticato platealmente; il mio consiglio è quindi quello di confrontarsi singolarmente per far sì che la discussione non assuma le vesti di un’umiliazione pubblica o di una messa al patibolo.

In secondo luogo, bisogna aver ben chiaro l’obiettivo della critica, che deve essere quello di costruire o rafforzare una relazione e non di distruggerla. Se in un primo momento chi la riceve potrebbe sentirsi sopraffatto, sicuramente a mente lucida sarà in grado di apprezzare il confronto, se questo viene gestito in maniera pacifica e a fin di bene.

Infine, ricordiamoci che errare è umano! Per quanto sia bello e gratificante ricevere complimenti e feedback positivi, l’errore fa parte del gioco e – anche se sporadico – non deve essere coperto da omertà ma deve essere messo in luce. Diventa quindi importante “educare” sé stessi e i propri collaboratori alla formulazione e alla ricezione di un biasimo. 

Un feedback negativo non è sinonimo di fallimento così come una lode non sempre equivale ad una vittoria definitiva.